Tratto da Lutto proibito: il dolore taciuto dell'aborto
di Theresa Burke, Ph.D.
|
Capitolo 1: La Storia di Gina
|
|
Introduzione al Capitolo:
Spesso un padre scoprirà che sua figlia è incinta e
vedrà l'aborto come il miglior modo per proteggerla dalla
sofferenza di essere ragazza-madre, o di mantenere una relazione con un
fidanzato che lui non approva. Quando il nonno di un bambino abortito
è coinvolto nell'aborto, può essere un'esperienza
disorientante che porta dolore e confusione a tutta la famiglia, anche
se la sua intenzione è stata di proteggere coloro che sono
affidati alla sua cura.
Il seguente caso della famiglia Davis rivela un padre che ha avuto le migliori
intenzioni di aiutare sua figlia. Dopo l'aborto si trova incapace di dare a
sua figlia il supporto di cui lei ha bisogno. Leggete come la Dott.ssa
Burke e il ritiro della Vigna di Rachele hanno aiutato questa famiglia .
____________________________________________________________________________
"Speravo che Lei potesse aiutare mia figlia. Ha bisogno di una
consulenza... di un consiglio offerto da qualcuno che pensi
obiettivamente, qualcuno non coinvolto.
Dio sa certamente che io
non lo sono." La voce del sig. Davis si abbassava come appesantita dal
rimorso.
"Qual'è il problema? " ho chiesto, spostando la cornetta del
telefono sulla mia spalla in modo da poter scrivere alcuni appunti.
"Bene..." ha cominciato con esitazione, "...mia
figlia, Gina, frequenta questo tipo. Lui è verbalmente e fisicamente violento.
Sta rovinando la sua vita."
Il sig. Davis sembrava disperato. Nella sua voce ho potuto intravedere
rabbia e dolore, ma più di tutto l'impotenza. " Non
posso accettare di guardare mia figlia rovinare la propria vita.
Questo tipo ha già un altro bambino che non può
mantenere. Non so cosa vede in lui. La mia Gina... lei è una
brava ragazza."
Il suo tono cambiò, quasi in un sussurro. " Io le voglio tanto
bene ma la sto perdendo." E' rimasto silenzioso per un momento, e poi
la sua voce piena di emozione, " La prego, può fare qualcosa?
Può aiutarla a vedere che razza di persona è questo
ragazzo? Gina non mi ascolta più."
Io informai il sig. Davis che non avrei potuto dividerli, ma avrei
potuto aiutare Gina
ad esaminare il suo rapporto con quest'uomo ed esaminare i suoi
sentimenti per lui. Allora ho chiesto al sig. Davis se
era accaduto
qualcos'altro fra Gina ed il suo fidanzato.
La domanda in sè era una minaccia.
Il sig. Davis esitò. Infine rispose, " Bene, c'è qualcosa, ma
dovrebbe venir fuori da lei. Penso che dovrebbe dirlo lei.
Dopo tutto, è la sua vita ed io non vorrei che lei pensasse che io sto parlando alle sue spalle."
" Sua figlia ha avuto un aborto? " ho chiesto in modo diretto. La
parola è stata detta. Aborto. C'era silenzio, come quasi sempre
in questo caso. Il mio nome appariva nell'elenco telefonico sotto
la voce "Centro per la guarigione dopo l'aborto." Tuttavia la gente
ancora aveva spesso problemi a spiegare il motivo della loro
telefonata.
Incontrai sua figlia quella sera. Gina aveva 19 anni, con lunghi
capelli biondi e tristi occhi blu. " Il mio papà mi ha costretto
a farlo," ha spiegato. " Mi ha detto che io non avrei più potuto vivere con loro
se non lo avessi fatto. Lui sapeva che avrei potuto odiarlo ma ha
voluto rischiare. Mi disse che avrei superato questo momento. Non sono stata
cresciuta per credere nell'aborto. Nella scuola superiore persino ho
scritto una relazione sull'argomento." I suoi occhi si riempirono di
lacrime, brillando come zaffiri.
Per tre anni Gina non aveva mai detto a nessuno dell'aborto; in pochi
istanti il ricordo è emerso come una marea di dolore. Il ricordo
dell'esperienza fatta si è scontrato contro la fortezza
della mia calma terapeutica mentre tentavo di prepararla per la
successiva esplosione emotiva.
La storia di Gina è venuta fuori fra lacrime e singhiozzi. "Sono
tornata a casa dall'università venerdì per dire loro
della gravidanza e cosa stavamo programmando di fare…. Il mio
papà è esploso di rabbia. Si chiedeva cosa mai aveva
fatto per meritare tutto questo. Papà ha portato il mio
fidanzato in cucina per parlare da uomo a uomo. Non mi facevano
entrare. Papà ha provato a spingere il mio ragazzo a convincermi che
l'aborto era la cosa migliore."
Con molta difficoltà, Gina continuò. " Due giorni dopo
ero su un lettino di ospedale, i miei piedi sulle staffe…. Ho
pianto durante tutto il viaggio verso la clinica... Mia mamma mi
ha portata lì…. Le dicevo continuamente che non volevo
questo…. Per favore, no! Non faremelo fare, non farmelo
fare…. L'ho ripetuto durante tutto il viaggio…. Nessuno
mi ha ascoltato. Quando una consulente della clinica mi ha chiesto se
fossi sicura, ho scosso le spalle …. Potevo appena parlare.
Lo hanno fatto…. Hanno ucciso il mio bambino."
Stravolta dall'angoscia, Gina cominciò a gemere. Piegata su
se stessa, reggendo il proprio grembo, non poteva credere che aveva
avuto un aborto. Dopo una lunga pausa piena di lacrime,
continuò, "Tanto veloce era accaduto tanto facilmente sembrava
che tutti lo avessero dimenticato. I miei genitori non ne
parlarono mai più. Si infuriarono quando scoprirono che io
ancora vedevo Joe. Non hanno mai smesso i loro commenti negativi
nei suoi riguardi. Le cose tra me e Joe non andavano neanche tanto
bene. Littigavamo sempre. Io ero così depressa e non sapevo come
gestire i miei sentimenti. Mi vergognavo troppo di parlare di aborto
con i miei amici e i miei genitori mi fecero promettere di non
dirlo a nessuno."
Mentre la sua storia si sviluppava, ho visto molti segnali di un lutto
complicato. Rabbia e dolore riempivano il cuore di Gina.
C'era anche un tremendo lutto per un bambino morto che
non sarebbe stato mai presente ad offrire gioia e speranza.
Qualsiasi cosa relativa ai bambini la faceva piangere: i battesimi, la
pubblicità dei pannolini, persino la sola vista di bambini. Tutto
ciò produceva un dolore implacabile. C'era una ferita nella sua
anima che non avrebbe mai smesso di sanguinare.
Anche se la famiglia di Gina si dichiarava cristiana, la fede
religiosa non aveva ostacolato il loro desiderio per un aborto. I suoi
genitori avevano creduto che insistendo sull'aborto l'avrebbero salvata
da una vita di povertà e tribolazione con un uomo che essi
pensavano non avrebbe amato e sostenuto la loro preziosa figlia. Joe
aveva già un bambino che non riusciva a mantenere. Essi
temevano per il suo futuro con un tale uomo.
Adesso il futuro era qui. L'autostima di Gina era crollata, la
depressione era una compagnia costante e i suoi
genitori guardavano tristemente come una trasformazione
così negativa rubava loro la figlia che avevano conosciuto.
Gina si unì al nostro gruppo di supporto e partecipò
anche alla terapia individuale. Non appena in trattamento per il
trauma postabortivo, fu in grado di esprimere alcune dei suoi
sentimenti. Lei era infuriata con i suoi genitori perchè non avevano potuto
accettare la sua gravidanza. Hanno voluto solo liberarsi del problema.
Lei era anche infuriata con Joe per non aver protetto lei e il bambino.
Ma siccome erano stati i suoi genitori a volere l'aborto, Joe
dava la colpa a Gina.
Gina aveva sofferto un dolore psichico molto profondo. Intrappolata tra
la lealtà - verso i suoi genitori, verso Joe e verso il
suo bambino non ancora nato - Gina era immobilizzata e incapace di
elaborare i propri sentimenti riguardo ciò che era accaduto. Nel
suo autosviluppo era bloccata. Non le era stato dato il
permesso di crescere, di avere un bambino e diventare madre. Il
suo desiderio d'indipendenza e di diventare adulta erano stati
frustrati dal suo tentativo infruttuoso di rompere la dipendenza
emotiva dai genitori, che erano sempre stati così
importanti nella sua vita. Abortendo il proprio bambino è
stato anche abortito, in fase embrionale, il suo diventare donna. Come
risultato dell'aborto era diventata emozionalmente immobilizzata ed
incerta. La perdita del bambino era stato un assalto senza
precedenti al proprio senso d'identità. Non avendo potuto
portare
avanti il ruolo di madre protettiva, provava uno straordinario
senso di fallimento. In una condizione di profonda
depressione, Gina non era in grado di prendere decisioni, era incapace
di affermare se stessa e di amare.
Malgrado il comportamento abusivo di Joe, Gina era disperatamente
legata a lui. I maltrattamenti ricevuti confermavano la bassa
autostima di Gina e il suo senso d'impotenza. Inoltre, lei sapeva
che i suoi genitori lo odiavano. Costringendo i suoi genitori ad
accettare Joe, incoscientemente si vendicava contro di loro,
utilizzando lo stesso comportamento che loro avevano usato con lei,
forzandola ad accettare un aborto non voluto. Questa
dinamica le dava un senso di controllo della situazione; tuttavia Gina
era intrappolata in un ciclo vizioso in cui lei puniva
contemporaneamente sè stessa e suo padre.
Forse ancora più importante, Joe rappresentava il suo legame con il
suo bambino abortito. Gina temeva che, rinunciando a Joe avrebbe
distrutto l'unico legame rimasto con il bambino per la cui perdita non
aveva ancora pianto abbastanza.
Dal momento in cui Gina era in trattamento per trauma post-abortivo,
fu in grado di esprimere questi sentimenti. Era
importante per il bene suo e della sua famiglia che anche i
genitori entrassero nel processo terapeutico con lei. Gina aveva
bisogno che loro riconoscessero la sua perdita e accettassero
la loro responsabilità per aver contribuito alla sua
devastazione emotiva. Senza questo riconoscimento il rapporto
genitori-figlia non avrebbe mai potuto essere risanato.
Entrando in questa situazione di consulenza familiare, sapevo che
entrambi
i genitori avrebbero tentato di giustificare e difendere le
proprie azioni mentre lottavano per riconoscere l'esperienza vissuta dalla figlia.
Questa resistenza, questa incapacità di affrontare ed ammettere il
dolore emozionale o spirituale è denominata "negazione." In
questa fase del trattamento, la negazione è una forte
tentazione.
La mamma di Gina giunse prima. Ascoltò sua figlia ed
espresse dolore e dispiacere. Ho visto un'espressione di sofferenza
apparire sul viso della donna, la quale continuava con le inevitabili
scuse: "So che stai soffrendo, ma noi pensavamo di fare la cosa
migliore.... Mi rendo conto che questo è molto duro, ma
devi andare avanti con la tua vita.... Tu volevi il bambino, ma come lo
avresti mantenuto? Come avresti potuto finire la scuola?"
" Ma, ma, ma.…" L'elenco continua senza fine, come la
biancheria sporca.
Ogni scusa toglieva a Gina il dono del pieno
riconoscimento della sua perdita.
I sentimenti dolorosi inespressi
venivano quindi seppelliti, diventando depressione, ansia e
autopunizione.
Gina aveva bisogno del permesso di elaborare un lutto. I suoi
genitori l'avevano privata della vera compassione e l'accettazione
di cui lei aveva bisogno da parte loro. Non avevano accettato la
gravidanza; e ora non potevano neanche accettare il suo lutto. Lei si
sentiva assolutamente rifiutata da loro.
Papà lo fa per il tuo bene?
Il padre di Gina non ha aveva idea di cosa lei aveva
sacrificato per accontentarlo. La notte prima del nostro incontro, lui mi chiamò.
" Il mio stomaco è stato sottosopra tutta la settimana da quando
ho saputo di questo incontro," mi ha detto. "Voglio fare
ciò che è meglio per Gina." Subito dopo,
il tono della sua voce divenne più formale e deciso: "
Voglio solo che Lei sappia che questo non è una questione
morale per me. Gina doveva abortire! Io penso
ancora che abbiamo preso la decisione giusta. Se dovessi rifarlo, farei la stessa cosa. So che questo non
è ciò che Gina vuole sentire. Dovrei mentire per farla
stare meglio? È questo che dovrei fare? Dirle che ho fatto un
errore? Non posso farlo! "
Con nuova determinazione ho spiegato, " Signor Davis, so che Lei ama
molto sua figlia. So anche che lei ricambia il suo amore, altrimenti
non avrebbe mai acconsentito ad avere un aborto. Ma resta il
fatto che sua figlia ha perso qualcosa. Ciò che ha
perso era un bambino. Il suo bambino, vostro nipote. Gina ci pensa ogni
giorno. Piange ogni notte. Questa storia non è per niente
finita per lei. Dovete sentire come l'aborto l'ha toccata."
Il sig. Davis non rispose. Con convinzione, continuai, " Quando
qualcuno muore, la peggiore cosa che un altro può dire è
" E' stato meglio così." Questo non aiuta a confortare e
consolare; ciò fa solo arrabbiare la persona perché la
sua perdita e il suo dolore non vengono apprezzati. Ancora peggio per
Gina
è il fatto che voi non riconoscete la vita che manca. A Gina
manca il suo bambino, un bambino che voi non siete stati in grado di
riconoscere."
Finalmente, il sig. Davis accettò di provare ad ascoltare e
accettò l'idea che forse avrebbe avuto qualcosa da imparare. Io
davvero non potevo sperare di più. "Gli uomini
non sono inclini al sentimentalismo," mi ha ricordato. Onestamente
avrebbe voluto poter sentire dolore e compassione per il bambino, ma
non ci riusciva. Tuttavia, avrebbe ascoltato se questo avesse potuto
aiutare sua figlia.
Ascolto e presa di responsabilità
Quando il sig. Davis arrivò la mattina dopo, cominciò con
una dichiarazione sorprendente. "Non avevo il diritto di fare quella
scelta," mi disse. Dopo aver lottato tutta la notte con vari punti
della nostra conversazione, ammise che per la prima volta si era reso
conto che l'aborto non era stato una scelta di Gina.
La sessione cominciò e fu molto intensa. Gina espresse la sua rabbia, il suo dolore e
le sue sensazioni di essere stata rifiutata. Inoltre parlò del suo lutto per il bambino
abortito.
Il sig. Davis cominciò ad affrontare alcune cose
per la prima volta. Era finalmente in grado di considerare il bambino
e di vedere Joe separatamente dalla gravidanza. L'aborto era stato
un modo di "raschiare via" qualsiasi indizio dell'attività
sessuale di sua figlia ed "eroicamente" liberarla dalle
conseguenze delle sue azioni. Cominciò a capire che sua
figlia era una donna adesso, una donna che lui non avrebbe dovuto
cercare di controllare. Egli doveva fidarsi della capacità di
Gina di prendere le proprie decisioni senza la minaccia di essere
abbandonata.
Non appena queste interpretazioni divennero chiare al sig. Davis, la
negazione non poteva più essere sostenuta. Improvvisamente
egli fu preso da un forte senso di dolore. Il suo sgaurdo
era incredulo, come se i raggi del sole fossero penetrati
improvvisamente nel buio di una stanza.
Commosso e con voce angosciata disse: "Oh, la mia bambina, la mia dolce
bambina, la mia Gina... Mi dispiace tanto. Ho sbagliato davvero."
Appoggiò la sua faccia alla guancia di Gina mentre scoppiava
in lacrime. Le sue lacrime si mescolarono con quelle di Gina mentre
entrambi piangevano. Gina gli gettò le braccia al collo. Si
abbracciarano fortemente mentre il padre le accarezzava con dolcezza i
lunghi capelli. Tutta la rabbia, l'amarezza, le emozioni represse,
il lutto si stavano manifestando. Singhiozzarono l'uno nelle braccia
dell'altro. Egli implorò il suo perdono. Tra lacrime e
fazzoletti, disse a Gina che avrebbe potuto essere una madre favolosa.
In quel momento la sua maternità era stata riconosciuta e
Gina pianse con sollievo.
In una successiva sessione congiunta con i suoi genitori, Gina
riconobbe la propria responsabilità personale nell'aver permesso
l'aborto e chiese ai suoi genitori di fare altrettanto. Questa volta i
suoi genitori ascoltarono senza difendere o
razionalizzare ciò che era accaduto.
La terapia aiutò i genitori di Gina a capire il grave errore che avevano
fatto nel forzare Gina a scegliere tra loro e il suo bambino. Io li incoraggiai
a non indurla a scegliere di nuovo tra loro e Joe, altrimenti nell'amarezza e nel dolore,
Gina avrebbe potuto acconsentire ad un altro tipo di aborto: la fine del suo ruolo di figlia.
Avendo riconosciuto e condiviso con Gina il suo lutto, i signori Davis
restaurarono il loro rapporto con la propria figlia. La
personalità affettuosa e gioiosa di Gina alla fine
risbocciò. Lei avrebbe potuto continuare nel suo cammino verso
il diventare una persona adulta capace e sicura di sè. Con il supporto di
un intervento terapeutico lei scoprì di essere in grado di
identificare i propri bisogni come, ad esempio, il desiderio di chiudere
la relazione con Joe, e di raggiungere i propri obiettivi.
Una famiglia che rispecchia la società
La storia di Gina illustra quanto siano davvero complessi l'aborto e la decisione di abortire.
Coinvolgono i rapporti familiari, il senso d'identità personale, la moralità
e il benessere psicologico e fisico.
Quando i genitori di Gina spingevano per l'aborto, credevano
onestamente che l'aborto le avrebbe portato dei benefici. Essi non
avrebbero potuto immaginare il prezzo psicologico che l'aborto
avrebbe fatto pagare alla loro figlia e alla loro famiglia. Persino
dopo l'inizio dei problemi emozionali di Gina, non potevano immaginare
o entrare in empatia con il suo trauma. Lo stesso è vero per la
maggior parte delle famiglie che incoraggiano o fanno pressione sui
loro amati affinchè abortiscano. È troppo facile immaginare che
l'aborto sia una "soluzione rapida" che farà "tornare indietro"
le lancette dell'orologio" e permetterà che la vita di una donna ritorni
ad essere quella che era prima. Ma questa è una visione molto
superficiale. Una volta che una donna è incinta, la scelta non
è semplicemente tra (1) avere un bambino e (2) non avere un
bambino. La scelta è tra (1) avere un bambino e (2) avere
l'esperienza di un aborto. Entrambe sono esperienze che cambiano la
vita. Entrambe portano conseguenze psicologiche significative, l'una o
l'altra che contribuisce a, oppure ostacola, la salute mentale di una persona.
I difensori dell'aborto hanno provato spesso a schivare la domanda
sui rischi psicologici dell'aborto sostenendo che l'avere un
bambino "indesiderato" è ancora più " traumatico"
che l'avere un aborto. Questa affermazione, tuttavia, è quasi
sempre sollevata in un contesto di rifiuto degli indizi che evidenziano
il trauma post-abortivo. Non è mai accompagnata da
citazioni di ricerca indicanti che le donne che hanno dato alla luce un
bambino soffrono maggiori danni psicologici delle donne che hanno
abortito, perché tali studi non esistono. Invece, questa
affermazione è un'asserzione non provata che è
in realtà un tentativo di spostare l'attenzione dalla vera
questione in gioco: il fatto che l'aborto ha, sicuramente,
significative conseguenze psicologiche. Mentre è appropriato
confrontare le esperienze psicologiche tra l'avere un bambino e l'avere
un aborto, pochissima ricerca è stata effettuata per fare questo
confronto. Ciò che abbiamo al momento sono soprattutto convinzioni personali.
Inoltre, anche se fosse dimostrato che il dare alla luce un bambino
"indesiderato" è psicologicamente più dannoso che il fare
l'esperienza di un aborto traumatico, questo non cambia il fatto che le
donne e le loro famiglie dovrebbero tuttavia essere informate sui
rischi per la salute mentale che un aborto può portare. Per
molte donne, l'aborto è l'esperienza più profondamente
traumatica ed emozionalmente dolorosa delle loro vite. Hanno diritto
di sapere che un tale trauma è possibile. Ma, in pratica, le donne, e
gli amici e i familiari che le consigliano, non ricevono una
descrizione accurata dei possibili effetti negativi dell'aborto e il
rischio di soffrire a causa di essi.
Tutti sanno, almeno fino ad un certo punto, quali sono le
difficoltà di essere genitore. Questo
è pubblicamente riconosciuto. È anche pubblicamente
riconosciuto (supportato da tutta la ricerca scientifica sull'argomento)
che la maggior parte delle donne giungerà rapidamente ad
amare ed ad apprezzare un bambino non pianificato. Esse e i loro
familiari godranno i molti piaceri e benefici che compensano le
corrispondenti difficoltà dell'essere genitore e
che controbilanciano le interruzioni nel raggiungimento degli
obiettivi personali.
A mio parere, il " trauma" di diventare inaspettatamente un
genitore si risolve generalmente in un brevissimo periodo di tempo.
Inoltre, è chiaro che c'è un'abbondanza di risorse
sociali offerte dalla famiglia, dagli amici e dallo stato per aiutare i
nuovi genitori ad allevare i loro bambini. Questo supporto sociale
è determinante per potersi adattare alla nuova vita di genitore.
Purtroppo, niente di tutto ciò è possibile
con l'aborto. Nella mia esperienza clinica, ho visto che il dolore
emozionale relativo ad un aborto probabilmente si
prolungherà. Inoltre, probabilmente genererà delle
distorsioni negative nella vita di una persona che non sono prontamente
capite o accettate da sè stessi o dagli altri. Inoltre, il
grande pubblico ha pochissima comprensione dell'esperienza
postabortiva. Ecco perchè ci sono pochissime risorse
disponibili per aiutare le donne e gli uomini che stanno lottando con
le conseguenze psicologiche o fisiche dell'aborto.
Si può dire, al minimo, che i pesi della bilancia non sono pari.
C'è consapevolezza sociale della necessità di sostenere i
genitori che stanno allevando i loro bambini, ma c'è pochissima
consapevolezza sociale della necessità di sostenere le
donne e gli uomini nel loro percorso verso la guarigione emotiva
dopo un aborto.
L'ignoranza e la negazione dimostrate nella storia della famiglia Davis
sono tipiche della nostra intera società. Così come
questa ignoranza e questa negazione riguardo le conseguenze dell'aborto
erano un ostacolo che impedivano il recupero di Gina, così sono
ostacoli che impediscono la guarigione e il recupero di milioni di
donne e di uomini. Se, come società, vogliamo contribuire alla
salute mentale delle donne e degli uomini, dobbiamo essere disposti a
dare un'occhiata più critica ai molti e complessi modi in cui
l'aborto può toccare le loro vite.
È ugualmente tragico che l'ignoranza e la negazione diffuse
riguardo le conseguenze dell'aborto contribuiscano al problema
delle
donne costrette ad abortire senza volerlo. Quando le famiglie, i
fidanzati, gli sposi, i consulenti e gli operatori di sanità
credono erroneamente che la maggior parte delle donne possano avere un
aborto e poi semplicemente "dimenticarlo", è molto più
probabile che possano fuorviare, manipolare e far pressione sulle donne
a sottomettersi ad aborti indesiderati per il " il bene di tutti."
Ciò è particolarmente importante dato che fino al 53 per
cento delle donne che sperimenta significativi problemi successivi
all'aborto dichiara di aver subito pressione da parte di altre
persone nella scelta di abortire.
Nei due capitoli seguenti
proverò ad esaminare perché c'è così tanta ignoranza e negazione
riguardo le questioni del post-aborto. Nei capitoli successivi esaminerò più
specificamente la gamma di conseguenze emotive che ho trattato nel
mio lavoro di consulenza psicoterapeutica.
_______________________________________________________________________
Tratto da "Forbidden Grief: The Unspoken Pain of Abortion"
Copyright 2002 Theresa Burke and David C. Reardon
www.rachelsvineyard.org
Traduzione di Domenico Montanaro e Monika Rodman.
Tutti i diritti riservati.
Questo sito web non è un sito di consulenza
psicoterapeutica professionale, nè deve sostituire la consulenza
di un professionista abilitato.
A volte l'esperienza di un aborto può creare intense emozioni
che forse non potete gestire adeguatamente da soli. In caso di
necessità rivolgetevi ad un professionista abilitato.
© 2009-2016 Monika Rodman, Vigna di Rachele/Rachel's Vineyard Ministries™. Tutti i diritti riservati.
|
Introduzione - Capitolo 3 - Capitolo 4 - Capitolo 7 NEW!!
|
|
|